Intendiamo intervenire per portare all’attenzione di questa Commissione alcuni rilievi che si rendono, a nostro avviso, necessari a seguito dell’intervento del 20 novembre di alcuni gruppi della Grande Distribuzione Organizzata nel percorso di approvazione del DDL Concorrenza.
In particolare sostenere che la Legge Levi dovrebbe essere considerata “anacronistica” in virtù di un mercato che si apre sempre di più a logiche di libero scambio, non può che trovarsi in netto contrasto con le dinamiche che governano la distribuzione del libro per il quale sono preminenti aspetti come la tutela della proprietà intellettuale, il valore culturale dell’opera in sé, nonché il principio Costituzionale dell’Articolo 21 che garantisce la libertà di espressione. Valori per i quali, da sempre, il Legislatore ha adottato provvedimenti di salvaguardia del valore intrinseco e connesso al mercato del libro.
Anche nei Paesi UE come la Francia, la Spagna, il Portogallo, la Germania, l’Austria, l’Olanda, per citarne solo alcuni, i legislatori hanno da sempre considerato il libro come un prodotto a forte valenza culturale, oltre che un bene commerciale, attuando politiche a vantaggio dell’incremento degli indici di lettura attraverso Leggi ad hoc, piuttosto che agire sulla leva dello sconto sul prezzo di copertina.
La Legge Levi n. 128/2011 rappresenta un timido tentativo di allinearsi alle normative in vigore nella stragrande maggioranza dei Paesi UE. Timido in quanto replica sì la tendenza comunitaria di dotarsi di Leggi sul prezzo fisso dei libri, ma lo fa comunque fissando un tetto di sconto massimo consentito (15%) che è il più alto tra quelli europei (qualsiasi sconto vietato in Germania, 5% in Francia, solo per citare i mercati di maggior rilievo), ancor più annacquato dalla possibilità di ricorrere al meccanismo delle promozioni.
Nei quattro anni di vigenza di questa Legge, diverse strutture di vendita e la Grande Distribuzione in particolare, (recentemente denunciata pubblicamente anche dal “padre” della stessa, On. Ricardo Levi ), si è segnalata per la grande attività di aggiramento della Legge, soprattutto nel campo dell’editoria scolastica, tanto da ridurre il bene “libro” ad articolo funzionale ad altre politiche commerciali. In questo quadro si può affermare che le molte operazioni della GDO rischiano di svilire il valore culturale del libro.
Il mercato editoriale-librario italiano presenta indici di lettura, rilevati dalle fonti ufficiali, che riportano una situazione drammatica, con quasi il 60% della popolazione che non legge neppure un libro all’anno.
Evidenziamo come su più fronti sono in corso tentativi di promuovere nuovi interventi di Legge, che vanno nella direzione di creare nuovi progetti di promozione della lettura (citiamo la proposta di Legge Giordano al vaglio della Camera e il Piano Nazionale della Lettura del Cepell-Mibact).
Siamo convinti, che queste proposte potrebbero favorire la realizzazione di un mercato in grado di sviluppare dimensione e fatturato, in un contesto che, nel medio periodo, contribuirebbe a far nascere nuove professionalità e nuovi punti vendita.
In ragione di quanto illustrato, che evidenzia con chiarezza il carattere non corporativo dell’attuale Legge, riteniamo di fondamentale importanza, non solo il mantenimento in vigore della Legge Levi 128/2011 ma, in sintonia con il lavoro del Governo e delle Istituzioni, si continuino a potenziare i controlli sul territorio per il suo rispetto nei termini originari previsti dal legislatore.
La nostra Organizzazione si rende disponibile per una eventuale approfondimento sui temi della Legge Levi nelle sedi deputate fino ad individuare un quadro onnicomprensivo per lo sviluppo e la promozione della lettura, che, necessariamente, passa anche attraverso la tutela della rete commerciale esistente e lo stimolo verso l’aumento della capillarità della presenza di librerie sul territorio, ora minata da una concorrenza non sempre leale degli altri canali di vendita dei prodotti editoriali.