Guerra ad Amazon, un vasto programma commenterebbe il generale Charles De Gaulle se fosse ancora tra noi ma tant’è, negli Usa autori, agenti e librerie indipendenti han deciso di provare a mandar di traverso il compleanno per i vent’anni della società di Jeff Bezos, il simbolo del commercio online nel mondo, un grande bazar virtuale che fece il suo debutto due decenni fa e che in breve ha scalato il mondo. La notizia l’ha data in questi giorni il «NewYork Times» ed è di quelle da allacciarsi le cinture. L’Author Guild, l’American Booksellers Association, l’Association of Authors’ Representatives e Authors United si sono infatti rivolti al Dipartimento di Giustizia affermando che «Amazon ha usato la sua posizione di forza in modi che danneggiano gli interessi dei lettori americani, impoveriscono l’industria editoriale, creano danni alle carriere di molti autori e impediscono il flusso libero di idee nella società». L’appello degli autori e degli agenti è per l’apertura di un’indagine nei confronti di Amazon che, a loro avviso, controlla i contenuti dei libri «vendendone alcuni ma non altri in base all’importanza dell’autore e all’inclinazione politica». La storia si ripete, verrebbe da dire, ma stavolta a parti invertite visto che cinque anni fa la richiesta alle Autorità di indagare sulle case editrici fu di Amazon mentre ora è lo stesso colosso online a finire nel mirino. Il New York Times, nel riportare la notizia, sottolinea che contro il big dell’e-commerce sarebbero state avanzate accuse di violazione antitrust, in particolare di abuso di posizione dominante. Vedremo. Di certo, in questa nuova vicenda americana dove si intrecciano libri, autori, editoria, libertà e un colosso del commercio online come Amazon, una novità già c’è ed è il fatto che l’American Booksellers Association e l’Authors Guild si sono mostrate raramente così unite come in questa situazione. Il perché si spiega col fatto che entrambe ritengono il loro destino comune in gioco. I due gruppi hanno cercato di attirare l’interesse del Dipartimento di Giustizia su Amazon in altre occasioni, in passato, ma senza grande successo. «La nostra opinione – spiega Oren Teicher, amministratore delegato dell’associazione delle librerie – è stata ignorata. Ma il clima è cambiato. In Europa, soprattutto in Germania e in altri paesi, si sta cercando di guardare più da vicino alle pratiche di Amazon».
Le associazioni degli scrittori americani sostengono che Amazon controlli più del 75% delle vendite online di libri fisici e più del 65% delle vendite di e-book, l’editoria digitale. Inoltre più del 40% dei libri nuovi sarebbero venduti su Amazon e circa l’85% delle vendite di e-book di autori self-published sarebbero controllate dal colosso dell’e-commerce. Le associazioni americane denunciano quindi la concorrenza «sleale» rappresentata da Amazon per i negozi fisici, non solo perché non ha «costi fissi» ma perché incoraggerebbe il cosiddetto «showrooming», addirittura con una apposita app, per cui i clienti vanno a guardare i libri e i prezzi nei negozi fisici ma li comprano poi su Amazon che può permettersi di venderli a prezzi più bassi. Chi critica Amazon infatti lo tratteggia come un «predator», mentre Amazon e i suoi sostenitori ribattono spiegando che chi li attacca vuole solo preservare i propri privilegi di fronte a una inevitabile «digital disruption». Una irruzione digitale. Di certo, se il futuro sarà la fine (o il coma irreversibile) dell’era Gutenberg, l’alleanza di resistenza tra librai e autori appare quasi fisiologica. Anche perché Amazon gioca sempre a innovare. A giugno, ad esempio, salì alla ribalta delle cronache perché nella corsa ad accaparrarsi sempre nuove fette di mercato del settore consegne, Amazon avrebbe pensato a un servizio ispirato ad Uber: le consegne fatte dagli stessi utenti. L’indiscrezione data allora dal Wall Street Journal spiegava come la compagnia di Seattle starebbe sviluppando un’app per reclutare e pagare persone comuni per fare le consegne invece che società specializzate. Il servizio si chiamerebbe «On my way» e prevedrebbe anche l’affitto, dai negozi di utensileria e bricolage, di aree in cui far stazionare le merci. Non sarà che le librerie temono, prima o poi, l’arrivo di un Uber dei libri? Sarebbe davvero la fine di un’epoca e di un mestiere?
Massimiliano Lenzi (www.iltempo.it)