Nel luglio 1995 il primo volume ordinato online viene spedito dall’azienda di Jeff Bezos. Da allora , un’escalation di liti: tra digitale e carta, tra venditori e autori, tra lettori ed editori
In luglio cadranno i vent’anni dell’inizio della prima guerra mondiale digitale. Una guerra che comincia con un clic e un titolo: Fluid Concepts and Creative Analogies di Douglas Hofstader. È quello il primo libro ordinato su Amazon, l’azienda che Jeff Bezos ha fondato a Seattle nel 1994. Sembrava solo una bizzarra idea — un sito dove comprare libri — e invece fu l’inizio di una rivoluzione che ha sconvolto per sempre il mercato editoriale. Anche perché, e questo si capisce subito, non si tratta semplicemente di vendere libri (a basso prezzo) ma soprattutto di raccogliere dati. È sulla base di quel patrimonio — i dati di chi si collega al sito — che Amazon poi venderà anche (e soprattutto) altro: tv, frigoriferi, droni, spazzolini da denti, pentole.
Ora si calcola che il business dei libri valga non più del 7 per cento del bilancio dell’azienda, eppure il nome di Amazon rimane legato indissolubilmente a quelli. È con i libri che l’azienda di Bezos entra nel dibattito culturale, scatena discussioni, reazioni, confusioni, risentimenti ed è per questo — ha scritto sul «New Yorker» George Packer — che continua a coltivare un mercato che ormai, nel suo bilancio, è diventato marginale. Ad Amazon infatti si può attribuire, senza paura di essere smentiti, la corresponsabilità di tutto ciò che è successo nella filiera editoriale negli ultimi dieci anni. Declinano le librerie nella loro forma tradizionale, cambiano i profitti degli editori, gli autori si autopubblicano: Amazon è sempre al centro di ogni battaglia. Il suo obiettivo è dimostrare che tra libro e lettore non c’è più bisogno di intermediazione. È un fronte continuo, al di là del quale si alternano (e spesso si alleano) gli avversari. Per alcuni è il nemico pubblico numero uno, per altri il paladino dei diritti dei lettori. «Amazon è davvero il diavolo?» si chiedeva «Publisher Weekly» in giugno, nel pieno della battaglia con Hachette. No, naturalmente. Non lo è…Continua
Fonte: “lettura.corriere.it”